giovedì 8 settembre 2011

Le funzioni del Bioreattore

Finalmente riesco di nuovo a scrivere sulle pagine del mio blog. Purtroppo in questi giorni ho avuto serie difficoltà a collegarmi alla rete: prima un fulmine ha danneggiato la centralina ADSL del mio quartiere, poi arrivato a Siena (dove attualmente lavoro come tecnico di laboratorio) la chiavetta per la connessione mobile ha deciso di scioperare fino ad oggi. Adesso sembra che tutto si sia risolto...incrociamo le dita. Approfittando dunque della discreta connessione direi di riprendere il discorso che avevamo lasciato a metà sui bioreattori utilizzati per la micropropagazione di cellule vegetali. Come avrete capito si tratta di una tecnologia innovativa che in pochi conoscono e che pochissimi riescono ad applicare.
È bene ricordare che, per qualsiasi tipo di coltura in vitro, al momento dell'inoculo segue un preciso percorso di crescita: dapprima la cellula si stabilizza nel nuovo terreno di coltura, dopodiché inizia a percepire gli stimoli derivati dai costituenti del terreno. Ad una fase di adattamento segue una fase di crescita esponenziale, in cui le cellule crescono notevolmente di numero in un ristretto arco di tempo; a questa fase di crescita esponenziale succede una fase di crescita stazionaria, che si manifesta nel momento in cui almeno uno degli elementi costitutivi del terreno si esaurisce. Il raggiungimento della fase stazionaria determina il passaggio della coltura dallo stadio duplicativo a quello produttivo. A questo livello il biotecnologo induce il mantenimento della fase stazionaria, o meglio produttiva, mentre minimizza la crescita numerica, per fare in modo che le cellule producano metaboliti secondari il più a lungo possibile. Per riuscirci, si variano i costituenti del terreno, soprattutto gli ormoni e le condizioni di coltura, come pH, temperatura, aereazione, luce ed elicitazione (strumento di induzione di stress fisico o biologico sulle cellule). Il fermentatore più versatile è formato da un reattore agitato ed areato; è composto da un recipiente cilindrico in acciaio inox con un fondo concavo e un coperchio, da un agitatore meccanico, da un sistema di aerazione, frangiflutti, camicia per la sterilizzazione e termoregolazione controlli del pH, temperatura, agitazione e schiuma. Le principali funzioni del fermentatore sono riassumibili con il mantenimento della sterilità, trasferimento dell’ossigeno, trasferimento o smaltimento dell’esotermia, regolazione del processo. Prima di effettuare una fermentazione, il recipiente e le linee ad esso connesse devono essere sterilizzate per 30 min. a 121°C usando vapore sia in modo diretto che indiretto, cioè in camicia per risparmiare tempo e condensa. Particolare attenzione va dedicata alla sterilizzazione della linea dell’aria in cui è inserito il filtro sterilizzante usando del vapore pulito. Nei fermentatori convenzionali con agitazione meccanica sono considerati fattori molto importanti, la geometria del recipiente, la tipologia delle giranti, la velocità di agitazione. La fermentazione tradizionale si distingue in tre fasi: una prevegetativa in laboratorio, una fase vegetativa e una terza fase di produzione; le varie fasi devono avvenire sempre in condizioni di sterilità per evitare la crescita di microrganismi indesiderati.

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