giovedì 29 settembre 2011

Micropropagazione negli anni '80

Oggi ho deciso di apportare una interessante integrazione alla dispensa intitolata "Fasi della Micropropagazione" aggiungendo un'interessante paragrafo sul declino del settore micropropagativo che si è registrato negli anni 80 in italia a seguito di alcune nostre abitudini che ci collocano in coda rispetto ad altri paesi concorrenti.
Intanto sta procedendo l'assemblaggio delle nuove e ultimissime cappe  che ben preso potrete trovare direttamente sulle pagine di questo blog.

domenica 11 settembre 2011

Nuova cappa a flusso laminare

Tempo fa vi avevo parlato di alcune importanti novità che avreste trovato sulle pagine di questo blog. La prima l'avete già vista ed è quella che si riferisce agli approfondimenti sui bioreattori utilizzati anche per la micropropagazione, la seconda invece sta per arrivare e si tratta di un nuovo modello dio cappa a flusso laminare che metterò in vendita sia direttamente sul blog sia su ebay. In questi giorni inizierò a assemblare le cappe che rispetto al progetto iniziale avranno un costo molto ridotto, saranno più semplici e più funzionali. Quindi se anche voi come me siete degli appassionati di micropropagazione tenete d'occhio queste pagine nei prossimi giorni, perchè con pochi euro potreste avere una cappa da poter utilizzare per i vostri esperimenti di micropropagazione.

giovedì 8 settembre 2011

Le funzioni del Bioreattore

Finalmente riesco di nuovo a scrivere sulle pagine del mio blog. Purtroppo in questi giorni ho avuto serie difficoltà a collegarmi alla rete: prima un fulmine ha danneggiato la centralina ADSL del mio quartiere, poi arrivato a Siena (dove attualmente lavoro come tecnico di laboratorio) la chiavetta per la connessione mobile ha deciso di scioperare fino ad oggi. Adesso sembra che tutto si sia risolto...incrociamo le dita. Approfittando dunque della discreta connessione direi di riprendere il discorso che avevamo lasciato a metà sui bioreattori utilizzati per la micropropagazione di cellule vegetali. Come avrete capito si tratta di una tecnologia innovativa che in pochi conoscono e che pochissimi riescono ad applicare.
È bene ricordare che, per qualsiasi tipo di coltura in vitro, al momento dell'inoculo segue un preciso percorso di crescita: dapprima la cellula si stabilizza nel nuovo terreno di coltura, dopodiché inizia a percepire gli stimoli derivati dai costituenti del terreno. Ad una fase di adattamento segue una fase di crescita esponenziale, in cui le cellule crescono notevolmente di numero in un ristretto arco di tempo; a questa fase di crescita esponenziale succede una fase di crescita stazionaria, che si manifesta nel momento in cui almeno uno degli elementi costitutivi del terreno si esaurisce. Il raggiungimento della fase stazionaria determina il passaggio della coltura dallo stadio duplicativo a quello produttivo. A questo livello il biotecnologo induce il mantenimento della fase stazionaria, o meglio produttiva, mentre minimizza la crescita numerica, per fare in modo che le cellule producano metaboliti secondari il più a lungo possibile. Per riuscirci, si variano i costituenti del terreno, soprattutto gli ormoni e le condizioni di coltura, come pH, temperatura, aereazione, luce ed elicitazione (strumento di induzione di stress fisico o biologico sulle cellule). Il fermentatore più versatile è formato da un reattore agitato ed areato; è composto da un recipiente cilindrico in acciaio inox con un fondo concavo e un coperchio, da un agitatore meccanico, da un sistema di aerazione, frangiflutti, camicia per la sterilizzazione e termoregolazione controlli del pH, temperatura, agitazione e schiuma. Le principali funzioni del fermentatore sono riassumibili con il mantenimento della sterilità, trasferimento dell’ossigeno, trasferimento o smaltimento dell’esotermia, regolazione del processo. Prima di effettuare una fermentazione, il recipiente e le linee ad esso connesse devono essere sterilizzate per 30 min. a 121°C usando vapore sia in modo diretto che indiretto, cioè in camicia per risparmiare tempo e condensa. Particolare attenzione va dedicata alla sterilizzazione della linea dell’aria in cui è inserito il filtro sterilizzante usando del vapore pulito. Nei fermentatori convenzionali con agitazione meccanica sono considerati fattori molto importanti, la geometria del recipiente, la tipologia delle giranti, la velocità di agitazione. La fermentazione tradizionale si distingue in tre fasi: una prevegetativa in laboratorio, una fase vegetativa e una terza fase di produzione; le varie fasi devono avvenire sempre in condizioni di sterilità per evitare la crescita di microrganismi indesiderati.

venerdì 2 settembre 2011

Cos'è un bioreattore


Si definisce bioreattore ogni dispositivo in grado di fornire un ambiente adeguato alla crescita di organismi biologici. La maggior parte delle volte si tratta di un recipiente all'interno del quale viene portata a termine una reazione chimica svolta da microorganismo da molecole, da essi derivate, attive dal punto di vista biochimico. Questo tipo di bioreattori è solitamente di forma cilindrica, composto di acciaio inossidabile e può raggiungere dimensioni comprese tra alcuni litri e numerosi ettolitri. Ci si riferisce a bioreattori anche intendendo dispositivi che permettono la crescita autonoma (senza l'intervento continuo di un operatore) di cellule o tessuti. Questo concetto di bioreattore, affine a quello di coltura cellulare, è attualmente in largo sviluppo soprattutto nel settore della rigenerazione dei tessuti (ad esempio per la terapia dei grandi ustionati.  Le colture all'interno del bioreattore devono essere adeguatamente sottoposte a varie sollecitazioni, che mimino elementi stimolanti la produzione di metaboliti secondari. I bioreattori sono strutturati in modo tale da determinare differenti tipologie di ciclo cellulare. Così come accade nel terreno solido, prima di indurre le cellule a produrre metaboliti secondari, bisogna infatti stimolarne la moltiplicazione; ciò consente di ottenerne un numero cospicuo ed adeguato alla sintesi dei princìpi attivi. Nell'allestimento di un terreno liquido si procede a concretizzare i seguenti passaggi:

1.      Inoculo cellulare nel terreno liquido.
2. Condizioni di coltura adeguate alla moltiplicazione cellulare: il tipo di terreno e la modalità di coltivazione in un opportuno bioreattore devono consentire l'ottenimento della biomassa desiderata.
3. Condizioni di coltura adeguate alla produzione di princìpi attivi; il terreno di coltura viene modificato e la coltura viene sottoposta a sollecitazioni meccaniche, ciò comporta un forte rallentamento dei fenomeni duplicativi a favore della produzione di metaboliti secondari.

giovedì 1 settembre 2011

Bioreattori per colture cellulari


Tramite passaggi di scala si può arrivare a colture cellulari vegetali in bioreattori industriali anche di decine di migliaia di litri. Non si tratta di un semplice aumento di volume, ma questo processo comporta la valutazione e l’ottimizzazione di molti parametri che in laboratorio possono essere trascurati. Infatti, anche su grande scala, l’accrescimento della biomassa e la produzione di metaboliti secondari dipendono dalle caratteristiche genetiche della specie coltivata, dal tipo di terreno e dalle condizioni di coltura, però sono implicati ulteriori fattori. Ad esempio del terreno di coltura non è importante solo la composizione, ma lo sono anche le proprietà reologiche come la viscosità. Inoltre le condizioni di coltura importanti non sono più solo temperatura, pH e luce come in piccola scala, ma sono rilevanti anche la dimensione dell’inoculo e, soprattutto, aerazione ed agitazione, dalle quali dipende l’omogeneità del mezzo in termini di distribuzione e disponibilità dei nutrienti, dei rifiuti metabolici, dell’ossigeno, della temperatura, ecc. Dall’aerazione dipendono anche la formazione di schiuma, da evitare, ed il rapporto O2/CO2, che influenza i processi metabolici e la stabilità dei prodotti. Pure l’agitazione (tipo e intensità) va adeguatamente messa a punti perché può compromettere vitalità cellulare e resa, anche se le cellule vegetali si sono rivelate più resistenti allo stress da taglio di quanto si pensasse. Anche la tendenza delle cellule vegetali a crescere in aggregati che sedimentano o aderiscono alle pareti, può condurre ad un sistema disomogeneo e quindi non ottimale in ogni punto e non riproducibile. Su grandi volumi, inoltre, possono esserci  problemi di diffusione della luce. La coltura in bioreattore di cellule vegetali comporta, quindi, maggiori problemi tecnici rispetto alle fermentazioni di microorganismi e richiede accorgimenti appositamente studiati, sia per la fermentazione che per il recupero del prodotto d’interesse. Un tipo di bireattore particolarmente adatto è l’”airlift”, in cui l’aria è immessa dal basso per miscelare oltre che ossigenare il sistema. Altre soluzioni sfruttano l’immobilizzazione delle cellule, che comporta numerosi vantaggi tecnici ed economici tra cui il fatto che le cellule siano più stabili e restino attive più a lungo, si osserva una crescita della produttività (grazie alla più stretta interazione  cellula-cellula) e sono facilitati i processi in continuo ed il recupero dei metaboliti secreti. Di questi ultimissimi anni è lo sviluppo di diverse tipologie di bioreattori che abbattano i costi d’impianto, come ad esempio i “fermentatori a sacchetti di plastica” . Un altro fattore fondamentale da considerare, quando si parla di scala industriale per produzioni commerciali, è l’aspetto economico. La commercializzazione è ostacolata dalla fattibilità economica che necessita di un approccio integrato biologico ed ingegneristico. In generale per migliorare il processo occorre conoscere bene la via di biosintesi, il suo possibile legame con la cinetica di crescita, la morfologia del sistema, le interazioni cellula-cellula e la reazione di sintesi, ma è necessario anche avere un impianto adeguato ed un buon sistema di recupero del prodotto. Uno svantaggio dei composti vegetali, rispetto a molti di origine animale o microbica, è che spesso sono prodotti a basso o medio valore di mercato.
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