giovedì 1 settembre 2011

Bioreattori per colture cellulari


Tramite passaggi di scala si può arrivare a colture cellulari vegetali in bioreattori industriali anche di decine di migliaia di litri. Non si tratta di un semplice aumento di volume, ma questo processo comporta la valutazione e l’ottimizzazione di molti parametri che in laboratorio possono essere trascurati. Infatti, anche su grande scala, l’accrescimento della biomassa e la produzione di metaboliti secondari dipendono dalle caratteristiche genetiche della specie coltivata, dal tipo di terreno e dalle condizioni di coltura, però sono implicati ulteriori fattori. Ad esempio del terreno di coltura non è importante solo la composizione, ma lo sono anche le proprietà reologiche come la viscosità. Inoltre le condizioni di coltura importanti non sono più solo temperatura, pH e luce come in piccola scala, ma sono rilevanti anche la dimensione dell’inoculo e, soprattutto, aerazione ed agitazione, dalle quali dipende l’omogeneità del mezzo in termini di distribuzione e disponibilità dei nutrienti, dei rifiuti metabolici, dell’ossigeno, della temperatura, ecc. Dall’aerazione dipendono anche la formazione di schiuma, da evitare, ed il rapporto O2/CO2, che influenza i processi metabolici e la stabilità dei prodotti. Pure l’agitazione (tipo e intensità) va adeguatamente messa a punti perché può compromettere vitalità cellulare e resa, anche se le cellule vegetali si sono rivelate più resistenti allo stress da taglio di quanto si pensasse. Anche la tendenza delle cellule vegetali a crescere in aggregati che sedimentano o aderiscono alle pareti, può condurre ad un sistema disomogeneo e quindi non ottimale in ogni punto e non riproducibile. Su grandi volumi, inoltre, possono esserci  problemi di diffusione della luce. La coltura in bioreattore di cellule vegetali comporta, quindi, maggiori problemi tecnici rispetto alle fermentazioni di microorganismi e richiede accorgimenti appositamente studiati, sia per la fermentazione che per il recupero del prodotto d’interesse. Un tipo di bireattore particolarmente adatto è l’”airlift”, in cui l’aria è immessa dal basso per miscelare oltre che ossigenare il sistema. Altre soluzioni sfruttano l’immobilizzazione delle cellule, che comporta numerosi vantaggi tecnici ed economici tra cui il fatto che le cellule siano più stabili e restino attive più a lungo, si osserva una crescita della produttività (grazie alla più stretta interazione  cellula-cellula) e sono facilitati i processi in continuo ed il recupero dei metaboliti secreti. Di questi ultimissimi anni è lo sviluppo di diverse tipologie di bioreattori che abbattano i costi d’impianto, come ad esempio i “fermentatori a sacchetti di plastica” . Un altro fattore fondamentale da considerare, quando si parla di scala industriale per produzioni commerciali, è l’aspetto economico. La commercializzazione è ostacolata dalla fattibilità economica che necessita di un approccio integrato biologico ed ingegneristico. In generale per migliorare il processo occorre conoscere bene la via di biosintesi, il suo possibile legame con la cinetica di crescita, la morfologia del sistema, le interazioni cellula-cellula e la reazione di sintesi, ma è necessario anche avere un impianto adeguato ed un buon sistema di recupero del prodotto. Uno svantaggio dei composti vegetali, rispetto a molti di origine animale o microbica, è che spesso sono prodotti a basso o medio valore di mercato.

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